Curiosità del mastro birraio: le lumache nella storia
Lo sapevi?
Mangiate fin dai tempi antichi le lumache erano assai apprezzate anche dai Romani. Quattro ricette sono presenti nel celebre De Re Coquinaria di Apicio, che spurgava le lumache nel latte per diversi giorni prima della cottura e poi quando si erano gonfiate tanto da non poter rientrare nel guscio - le friggeva o le arrostiva servendole con varie salse (prima fra tutte l’onnipresente garum). Roma insegnò alle popolazioni delle Gallie come degustare le lumache. I francesi, come si sa, non hanno dimenticato la lezione: ancor oggi, eccellono nell’arte di mangiarle in modo divino. Nei secoli dell’Alto Medioevo gli allevamenti scomparvero, ma il consumo di lumache era in ogni caso comune. Dal 300 fino al Rinascimento non scomparvero mai del tutto dai ricettari dei maestri gastronomi della scuola italiana. L’Ottocento è il secolo in cui le lumache ricompaiono con onore anche sulle tavole altolocate che fino ad allora le avevano disdegnate. Nell’alta cucina francese tornano in auge a partire dal 22 maggio 1814, complice una scommessa: nel corso di un memorabile banchetto il principe de Tayllerand, il cui cuoco Anacraonte conosceva venti diversi modi di prepararle, ne offrì allo zar Alessandro I. Qualche anno più tardi la preparazione “alla bourguignonne”, definita “succulenta” nella riedizione del 1840 del famoso Cuisinier des cuisiniers di Jourdain Lecointe, era ormai un vanto per la cucina francese.
Liberamente ispirato a “Bionda a chi? La birra artigianale… un’altra storia” di Filippo Bitelli, Andrea Govoni e Michela Zanotti, pubblicato da Edizioni del Loggione srl - www.loggione.it